LADRI DI BICICLETTE de VITTORIO DE SICA (1948)
MARILENA DATTIS - SAPORE DI CINEMA
Un giorno
Cesare Zavattini dice a Vittorio De Sica: ʺ E' uscito un libro di Luigi
Bartolini : leggilo, c'è da prendere il titolo e lo spunto.ʺ Si trattava
di Ladri di biciclette.
Il film esce nel 1948, la
data della prima nazionale viene fissata per il 22 dicembre : la storia è
semplice ed essenziale.
Un uomo,
disoccupato da mesi, trova un posto come attacchino ma, per poter lavorare gli
è indispensabile la bicicletta, "depositata" al monte di pietà;
riesce a riscattarla ma gli viene rubata il primo giorno di lavoro. Nella
ricerca affannosa e disperata per ritrovarla si scoprirà suo malgrado a tentare
anch'egli di rubarne una.
Viene
scoperto, malmenato e umiliato davanti al figlio, che lo "scopre"
disonesto. Alla fine, padre e figlio andranno via insieme mano nella mano.
"Ladri di biciclette" (1948). Vittorio de Sica
Disegno fatto da Wilker Menacho Salazar
Disegno fatto da Wilker Menacho Salazar
Dodici anni
2014
Instituto de Educación Secundaria "Doctor Balmis"
Alicante
(Spagna)
André Bazin
definisce la trovata del bambino un "colpo di genio": il figlio che
prende per mano il padre di cui ha intuito il dramma e che cerca di aiutare.
ʺ...quando gli viene la tentazione di rubare
la bicicletta, la presenza silenziosa del bambino che indovina il pensiero del
padre è di una crudeltà quasi oscena; se tenta di sbarazzarsene mandandolo a
prendere il tram, è come quando si dice al bambino, negli appartamenti troppo
piccoli , di andare ad aspettare un'ora sul pianerottolo... si è spesso male
interpretato il gesto finale del bambino che ridà la mano al padre ... la mano
che fa scivolare nella sua non è il segno né del perdono né di una consolazione
puerile, ma il gesto più grave che possa segnare i rapporti fra un padre e un
figlio : quello che li fa uguali.ʺ (Che
cosa è il cinema? André Bazin - Qu’est-ce que le cinéma?)
La
consapevolezza della miseria ereditata dal fascismo e dalla guerra e non ancora
superata, vengono ritratte nel film con una potenza straordinaria che gli fece
riscuotere un successo internazionale.
Anche se lo
sguardo dolente del piccolo Bruno fece il giro del mondo, (aggiudicandosi
l'Oscar nel 1949) non piacque ai governanti italiani, che videro nel film un
attentato alla rinascita che faticosamente l'Italia stava tentando di attuare.
A tre anni
dalla fine della guerra il film venne accolto in Italia con ben poco entusiasmo
da parte della critica e del pubblico.
ʺ Era un
periodo in cui tutto quello che accadeva intorno a noi era anormale, la realtà
era scottante; vi erano fatti e situazioni eccezionali, per cui i rapporti tra
individuo e ambiente, tra individuo e società erano forse la cosa più
importante da esaminare. Ecco perché prendere come personaggio di un film, un
operaio a cui hanno rubato la bicicletta e non può più lavorare, e il cui solo
motivo è questo, il motivo più importante del film, intorno al quale tutto il
film ruota, quello ,dico, era in quel momento essenziale e ci bastava. Non
interessava sapere quali erano i pensieri, quale la natura, il carattere di
questo personaggio...tutto questo era possibile ignorarlo…ʺ
(Michelangelo
Antonioni - Fare un film è per me vivere)
Verso la fine degli anni '40 l'onorevole Giulio Andreotti, allora segretario dell'appena nata Democrazia Cristiana, in un articolo intitolato Vizi sociali e pubbliche virtù , condannava aspramente il cinema neorealista e in particolare quello di De Sica e Zavattini, indicando la necessità di "lavare i panni sporchi in casa" e non di denunciare i disagi sociali del nostro Paese.
Verso la fine degli anni '40 l'onorevole Giulio Andreotti, allora segretario dell'appena nata Democrazia Cristiana, in un articolo intitolato Vizi sociali e pubbliche virtù , condannava aspramente il cinema neorealista e in particolare quello di De Sica e Zavattini, indicando la necessità di "lavare i panni sporchi in casa" e non di denunciare i disagi sociali del nostro Paese.
ʺIl mio scopo è di rintracciare il drammatico nelle situazioni quotidiane, il meraviglioso nella piccola cronaca, anzi nella piccolissima cronaca, considerata dai più come materia consunta. Che cos'è infatti il furto di una bicicletta, tutt'altro che nuova e fiammante per giunta? A Roma ne rubano ogni giorno un bel numero e nessuno se ne occupa giacché nel bilancio del dare e dell'avere di una città chi volete che si occupi di una bicicletta? Eppure a molti che non possiedono altro, che ci vanno al lavoro, che la tengono come l'unico sostegno nel vortice della vita cittadina, la perdita della bicicletta è un avvenimento importante, tragico, catastrofico.ʺ
Ecco come la
sapiente regia di De Sica ci presenta la situazione nella Roma di allora.
ESTERNO
GIORNO. IL QUARTIERE DI VALMELAINA
1.
C.M. (campo medio) Sulla destra dell'inquadratura un autobus,
al cui interno viaggiano alcune persone, procede su una strada in discesa del
quartiere popolare romano. Una panoramica da destra verso sinistra, lievemente
obliqua dapprima dall'alto verso il basso, poi dal basso verso l'alto, infine
nuovamente dall'alto verso il basso, accompagna lo spostamento del mezzo
scoprendo in C.L.L. (campo lunghissimo) la campagna
circostante e in C.L. (campo lungo) alti e squallidi edifici.
Già dalle
prime immagini Ladri di biciclette, ci propone quel "di più di
realtà" di una situazione comune e quotidiana tipica di quegli anni. Ma
con una scrittura che, tentando di nascondersi, finisce con esplicitare ancora
di più la presenza della macchina da presa.
Nello spazio
aperto di un quartiere di Roma, la contrapposizione tra folla e individuo ci
viene rappresentata da movimenti di macchina che ci mostrano il reale, una
realtà della visione e del tempo.
Potremmo
identificarla come una situazione dispersiva in uno spazio puramente ottico,
dove il personaggio come dice Gilles Deleuze ha perso le capacità motorie e
diventa veggente, la descrizione inorganica ,dove l'oggetto perde le sue
normali funzioni, per diventare esso stesso parte integrante di questa immagine
ottico - sonora.
ʺLa storia
del cinema italiano è la storia della scomparsa dell'oggetto, dell'errare del
soggetto, dello sfaldarsi delle situazioni. ʺ
(Roberto De Gaetano
- L'Italia non indifferente)
Ed è quanto
accade alla bicicletta di Antonio Ricci, sin dalle prime battute:
Antonio
: La bicicletta? Ce l'ho e non ce l'ho.
Antonio ha
bisogno di quel posto, ma la bicicletta è al monte dei pegni ed egli non trova
la soluzione; si accascia, in realtà vede ma non riesce ad agire, si blocca
nell'immobilismo sulla soglia della porta dell'interno della sua casa, poi si
siede sul letto con un atteggiamento apatico, di attesa; il personaggio è
chiuso nella sua incapacità d'agire. Sarà Maria, la moglie a prendere in mano
la situazione e a trovare la soluzione, ad agire per lui.
Maria:
"Levete, Antò!"
Antonio:
"Ma che fai?"
Antonio
rimane immobile accanto al comò, in figura intera di profilo
guardando la moglie con espressione interrogativa. Maria toglie energicamente
le lenzuola dal letto e prepara un pacco da portare al monte dei Pegni, Antonio
riavrà la sua bicicletta e potrà finalmente iniziare a lavorare.
Nel suo
primo (e unico),giorno di lavoro , il primo e ultimo manifesto che attaccherà
(come prima e ultima sarà l'esperienza d'attore di Lamberto Maggiorani) certo
non a caso è il manifesto del film interpretato da Rita Hayworth "Gilda".
Il sogno,
l'illusione cinematografica è, qui, esplicitata; il sogno, l'illusione del
lavoro tanto agognato è, qui, perduta.
E' un
recupero esplicito della riproduttività insita nel dispositivo cinematografico
e, attraverso questo recupero, si attua lo svolgersi di un'operazione
metalinguistica, è il linguaggio della modernità cinematografica, dove il
cinema ritrova se stesso, dove ci parla di se stesso, tra realismo e
metalinguaggio per divenire metacinema.
E' tutto un
attimo, sul marciapiede un gruppetto di ladri è in ricognizione e, a questo
punto, è in atto quella che potremmo definire una doppia regia,
la regia dei ladri che strategicamente si dispongono nello spazio
pronti ad entrare in azione, e la regia della narrazione, dove lo stesso
protagonista dopo un inutile inseguimento si riconosce nel ruolo del derubato,
ruolo che la regia dei furfanti gli avevano già riservato.
Antonio
ritorna sui suoi passi, la bicicletta è perduta, si guarda attorno con occhi
sbarrati, intorno a lui un mondo disperso e frammentato, si siede su un piolo
della scala rassegnato.
Da questo
momento avrà inizio il suo "girovagare" alla ricerca della
bicicletta, che appare più un vagabondaggio.
Il personaggio sembra
stordito dal suo "vedere" gli avvenimenti, "l'azione" gli è
impedita ed è soprattutto inutile.
Gli
avvenimenti non avranno nessuna importanza da un punto di vista cronologico
della loro successione per quanto è accidentale la loro natura; tutto è
lasciato all'aleatorietà dell'incontro.
Zavattini
definisce il neorealismo come un'arte dell'incontro e, nella terza parte del
film, a iniziare dalla ricerca della bicicletta, gli autori ce ne daranno atto.
Nel cinema
classico l'azione era una modifica volontaria di uno stato di cose, nel
cinema moderno, l'errare e la veggenza scardinano questa struttura
sostituendola con l'aleatorietà dell'incontro.
Di incontri
il film è pieno
Dal commissario, agli amici del partito, dall'incontro con la "santona" a quello sotto gli archi con i seminaristi austriaci, dalla casa di tolleranza ,alla casa del ladro dove la miseria e la disperazione sembrano ancora più estreme di quelle dello stesso protagonista.
Incontri che
palesano l'impossibilità dell'agire
L'incontro,
come dice Zavattini, non può essere "pensato prima", ma deve essere
"pensato durante": e ci obbliga a pensare a quel "durante".
E' un cinema
dell'incontro visivo, gestuale, corporale, affettivo e mentale; è ciò che
definisce la differenza tra cinema classico e cinema moderno dove il binomio
percezione - azione viene sostituito dalla veggenza e dall’errare, dove il
personaggio non è più l'eroe che con l'azione modifica la situazione, ma è
diventato una specie di spettatore; la situazione nella quale si trova, supera
le sue capacità motorie e il ruolo centrale del bambino nel neorealismo è dato
proprio dall'esigenza di presentare un personaggio in cui l'incapacità di agire
è inversamente proporzionale alla sua capacità di vedere e di sentire.
Un cinema
della visione sostituisce un cinema d'azione e, come dice Bazin: ʺ
Ladri di biciclette è uno dei primi esempi di cinema puro. Niente più attori,
niente più storia, niente più messa in scena, cioè nell'illusione estetica
perfetta della realtà : niente più cinema.ʺ
Enzo Staiola, il celebre bambino di "Ladri di biciclette" e il suo incontro con Vittorio De Sica
Marilena Dattis
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